Le sentenze delle Sezioni Unite del dicembre 2014 hanno oramai di molto ampliato l’ambito di operatività del potere del giudice di rilevare ex officio le cause di nullità nei giudizi di impugnativa negoziale. Gli argomenti evocati dalla Suprema Corte per sovvertire il precedente orientamento assumono obiettivamente una valenza di sistema, sicché naturale è la tentazione per l’interprete di chiedersi se, e fino a che punto, i principi così elaborati abbiano una capacità espansiva, e se possano in particolare trovare applicazione nell’ambito delle azioni di impugnativa delle deliberazioni assembleari delle società di capitali, ossia di atti, che - pure dinnanzi alle loro peculiarità di struttura e valore, e al di là della stessa difficoltà di sussumerle nel paradigma del negozio giuridico - restano pur sempre di autonomia privata. L’Autore affronta la questione, sottolineando il carattere piuttosto ambiguo che la previsione del potere di rilevare ex officio la nullità delle delibere - potere che è ancora espressamente riconosciuto al giudice dall’art. 2379, comma 2, c.c.- assume in un sistema, come quello novellato nel 2003, che ha sensibilmente ridotto, quasi privandola di significato, la distinzione tra vizi di annullabilità e vizi di nullità delle delibere. In un contesto in cui il rimedio dell’impugnativa della deliberazione invalida sembra presentare un carattere sostanzialmente unitario - in quanto il tipo vizio che si deduce, che si tratti di un vizio formalmente qualificato come di annullamento o piuttosto di nullità, è sempre in realtà il medesimo, risolvendosi nella non conformità del procedimento deliberativo alle regole che lo governano, così come sempre la medesima è l’attitudine della delibera nulla o annullabile a produrre effetti - ci si deve allora chiedere se non sia possibile, andando al di là del dato meramente letterale, accedere ad un’interpretazione che estenda il potere di rilievo officioso del giudice anche a tutte le ipotesi di delibere invalide ex art. 2377 c.c., almeno quando adottate in violazione di norme imperative poste a tutela di interessi comunque generali. 
Impugnazione delle delibere assembleari e poteri officiosi del giudice (Glosse a margine di S.U. n. 26243/2014) / Guizzi, Giuseppe. - In: IL CORRIERE GIURIDICO. - ISSN 1591-4232. - XXXII:10(2015), pp. 1189-1199.
Impugnazione delle delibere assembleari e poteri officiosi del giudice (Glosse a margine di S.U. n. 26243/2014)
GUIZZI, GIUSEPPE
2015
Abstract
Le sentenze delle Sezioni Unite del dicembre 2014 hanno oramai di molto ampliato l’ambito di operatività del potere del giudice di rilevare ex officio le cause di nullità nei giudizi di impugnativa negoziale. Gli argomenti evocati dalla Suprema Corte per sovvertire il precedente orientamento assumono obiettivamente una valenza di sistema, sicché naturale è la tentazione per l’interprete di chiedersi se, e fino a che punto, i principi così elaborati abbiano una capacità espansiva, e se possano in particolare trovare applicazione nell’ambito delle azioni di impugnativa delle deliberazioni assembleari delle società di capitali, ossia di atti, che - pure dinnanzi alle loro peculiarità di struttura e valore, e al di là della stessa difficoltà di sussumerle nel paradigma del negozio giuridico - restano pur sempre di autonomia privata. L’Autore affronta la questione, sottolineando il carattere piuttosto ambiguo che la previsione del potere di rilevare ex officio la nullità delle delibere - potere che è ancora espressamente riconosciuto al giudice dall’art. 2379, comma 2, c.c.- assume in un sistema, come quello novellato nel 2003, che ha sensibilmente ridotto, quasi privandola di significato, la distinzione tra vizi di annullabilità e vizi di nullità delle delibere. In un contesto in cui il rimedio dell’impugnativa della deliberazione invalida sembra presentare un carattere sostanzialmente unitario - in quanto il tipo vizio che si deduce, che si tratti di un vizio formalmente qualificato come di annullamento o piuttosto di nullità, è sempre in realtà il medesimo, risolvendosi nella non conformità del procedimento deliberativo alle regole che lo governano, così come sempre la medesima è l’attitudine della delibera nulla o annullabile a produrre effetti - ci si deve allora chiedere se non sia possibile, andando al di là del dato meramente letterale, accedere ad un’interpretazione che estenda il potere di rilievo officioso del giudice anche a tutte le ipotesi di delibere invalide ex art. 2377 c.c., almeno quando adottate in violazione di norme imperative poste a tutela di interessi comunque generali. File | Dimensione | Formato | |
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