Herbert Simon ha condotto ricerche simulative sui processi cognitivi degli esseri umani per quasi un cinquantennio, a partire dalla metà degli anni ’50 del secolo scorso e fino alla sua scomparsa nel 2001. Insieme ad Allen Newell, a John Clifford Shaw e altri collaboratori, Simon ha contribuito da protagonista alla rivoluzione cognitivista in psicologia (Miller 2003), alla nascita di quella componente teorica dell’intelligenza artificiale che indaga con strumenti algoritmici i comportamenti intelligenti dei sistemi biologici (Cordeschi 1984) e al consolidamento di quel settore di ricerca interdisciplinare che ha preso il nome di scienza cognitiva (Simon 1980; Cordeschi 2002). In questo vasto e importante panorama di contributi innovativi, ci concentreremo qui sulle idee che Simon, insieme a Newell, ha espresso a proposito dello statuto epistemologico dei programmi simulativi sviluppati nell’ambito della cosiddetta Information Processing Psychology (IPP). In particolare, si analizzerà la loro visione di un programma simulativo come una teoria del sistema simulato (d’ora in avanti tesi P ⊑T ). La tesi P ⊑T di Newell e Simon si colloca storicamente nell’ambito di quella tradizione di ricerca che ha perseguito, utilizzando varie tipologie di macchine, indagini simulative sui comportamenti adattivi e intelligenti dei sistemi biologici. Nel seguito, faremo riferimento a questa tradizione di ricerca con l’espressione scienze dell’artificiale, richiamando così il titolo del celebre libro di Herbert Simon The Sciences of the Artificial (Simon 1996), ma soprattutto i contenuti del libro di Roberto Cordeschi The Discovery of the Artificial, che delle scienze dell’artificiale rintraccia le origini e delinea i confini, ripercorrendone gli sviluppi metodologici ed epistemologici lungo tutto il corso del XX secolo (Cordeschi 2002). La tesi P ⊑T marca un punto di discontinuità rispetto alle indagini che si sono sviluppate nelle scienze dell’artificiale prima della nascita dell’IPP. Oltre a offrire una testimonianza significativa del cambiamento epocale derivante dall’irruzione della teoria e della tecnologia dei calcolatori nelle scienze dell’artificiale, la tesi introduce una novità metodologica di grande rilievo, assegnando a un programma per calcolatore il ruolo congiunto di teoria del sistema simulato e di sistema simulativo da far girare su una macchina appropriata per ottenere previsioni sul sistema simulato. In altri termini, con la tesi P ⊑T si fa a meno di un modello teorico del sistema simulato che sia chiaramente distinto dal sistema simulativo e si introduce una semplificazione dell’impianto metodologico delle scienze dell’artificiale e della “triangolazione” tra sistema simulato, sistema simulativo e modello teorico di entrambi. L’opzione metodologica di semplificare con i programmi-teoria la triangolazione caratteristica delle scienze dell’artificiale, ha delle conseguenze problematiche ben note che saranno richiamate nel prossimo paragrafo. Esse riguardano (a) la difficoltà di identificare le proprietà di un programma simulativo che hanno reale valenza teorica, distinguendole dai cosiddetti dettagli implementativi del medesimo programma; (b) alcune limitazioni che riguardano le previsioni sul sistema simulato che si possono ottenere dalle tracce di esecuzione del programma simulativo. Nei paragrafi successivi (3 e 4), si illustrerà come siano stati affrontati i problemi (a) e (b) in un altro settore delle scienze dell’artificiale. Il caso di studio che sarà utilizzato a questi fini è quello della cosiddetta biologia cellulare eseguibile (BCE d’ora in poi ed executable cell biology in inglese). Senza aderire alla tesi P ⊑T, nell’ambito della BCE si continua a perseguire l’idea di Newell e Simon di sviluppare i modelli teorici come procedure eseguibili, senza però identificare i modelli teorici con i programmi simulativi. Un modello teorico della BCE prende la forma di sistema a transizione di stati. Esso costituisce una specifica di sistema per i programmi simulativi senza coincidere con nessuno di essi. Inoltre, l’esplorazione esaustiva dello spazio degli stati dei modelli teorici della BCE consente, in molti casi significativi, di estendere il potere predittivo dei programmi simulativi. Nella sua veste di sistema eseguibile, un modello teorico della BCE funge da sostituto o, come diremo d’ora in poi, proxy del programma simulativo. Come tale, esso consente di analizzare in modo esaustivo i comportamenti del sistema biologico oggetto d’indagine senza fare ricorso a un programma simulativo. In definitiva, la BCE persegue anch’essa una semplificazione della triangolazione metodologica che ha caratterizzato le scienze dell’artificiale prima della nascita dell’informatica. Si tratta però di una semplificazione di segno significativamente diverso da quella che Newell e Simon hanno indicato con la tesi P ⊑T.
Dai programmi simulativi come teorie alle teorie dei programmi simulativi / Tamburrini, Guglielmo; Angius, Nicola. - In: SISTEMI INTELLIGENTI. - ISSN 1120-9550. - 28:1(2016), pp. 153-168.
Dai programmi simulativi come teorie alle teorie dei programmi simulativi
TAMBURRINI, GUGLIELMO;
2016
Abstract
Herbert Simon ha condotto ricerche simulative sui processi cognitivi degli esseri umani per quasi un cinquantennio, a partire dalla metà degli anni ’50 del secolo scorso e fino alla sua scomparsa nel 2001. Insieme ad Allen Newell, a John Clifford Shaw e altri collaboratori, Simon ha contribuito da protagonista alla rivoluzione cognitivista in psicologia (Miller 2003), alla nascita di quella componente teorica dell’intelligenza artificiale che indaga con strumenti algoritmici i comportamenti intelligenti dei sistemi biologici (Cordeschi 1984) e al consolidamento di quel settore di ricerca interdisciplinare che ha preso il nome di scienza cognitiva (Simon 1980; Cordeschi 2002). In questo vasto e importante panorama di contributi innovativi, ci concentreremo qui sulle idee che Simon, insieme a Newell, ha espresso a proposito dello statuto epistemologico dei programmi simulativi sviluppati nell’ambito della cosiddetta Information Processing Psychology (IPP). In particolare, si analizzerà la loro visione di un programma simulativo come una teoria del sistema simulato (d’ora in avanti tesi P ⊑T ). La tesi P ⊑T di Newell e Simon si colloca storicamente nell’ambito di quella tradizione di ricerca che ha perseguito, utilizzando varie tipologie di macchine, indagini simulative sui comportamenti adattivi e intelligenti dei sistemi biologici. Nel seguito, faremo riferimento a questa tradizione di ricerca con l’espressione scienze dell’artificiale, richiamando così il titolo del celebre libro di Herbert Simon The Sciences of the Artificial (Simon 1996), ma soprattutto i contenuti del libro di Roberto Cordeschi The Discovery of the Artificial, che delle scienze dell’artificiale rintraccia le origini e delinea i confini, ripercorrendone gli sviluppi metodologici ed epistemologici lungo tutto il corso del XX secolo (Cordeschi 2002). La tesi P ⊑T marca un punto di discontinuità rispetto alle indagini che si sono sviluppate nelle scienze dell’artificiale prima della nascita dell’IPP. Oltre a offrire una testimonianza significativa del cambiamento epocale derivante dall’irruzione della teoria e della tecnologia dei calcolatori nelle scienze dell’artificiale, la tesi introduce una novità metodologica di grande rilievo, assegnando a un programma per calcolatore il ruolo congiunto di teoria del sistema simulato e di sistema simulativo da far girare su una macchina appropriata per ottenere previsioni sul sistema simulato. In altri termini, con la tesi P ⊑T si fa a meno di un modello teorico del sistema simulato che sia chiaramente distinto dal sistema simulativo e si introduce una semplificazione dell’impianto metodologico delle scienze dell’artificiale e della “triangolazione” tra sistema simulato, sistema simulativo e modello teorico di entrambi. L’opzione metodologica di semplificare con i programmi-teoria la triangolazione caratteristica delle scienze dell’artificiale, ha delle conseguenze problematiche ben note che saranno richiamate nel prossimo paragrafo. Esse riguardano (a) la difficoltà di identificare le proprietà di un programma simulativo che hanno reale valenza teorica, distinguendole dai cosiddetti dettagli implementativi del medesimo programma; (b) alcune limitazioni che riguardano le previsioni sul sistema simulato che si possono ottenere dalle tracce di esecuzione del programma simulativo. Nei paragrafi successivi (3 e 4), si illustrerà come siano stati affrontati i problemi (a) e (b) in un altro settore delle scienze dell’artificiale. Il caso di studio che sarà utilizzato a questi fini è quello della cosiddetta biologia cellulare eseguibile (BCE d’ora in poi ed executable cell biology in inglese). Senza aderire alla tesi P ⊑T, nell’ambito della BCE si continua a perseguire l’idea di Newell e Simon di sviluppare i modelli teorici come procedure eseguibili, senza però identificare i modelli teorici con i programmi simulativi. Un modello teorico della BCE prende la forma di sistema a transizione di stati. Esso costituisce una specifica di sistema per i programmi simulativi senza coincidere con nessuno di essi. Inoltre, l’esplorazione esaustiva dello spazio degli stati dei modelli teorici della BCE consente, in molti casi significativi, di estendere il potere predittivo dei programmi simulativi. Nella sua veste di sistema eseguibile, un modello teorico della BCE funge da sostituto o, come diremo d’ora in poi, proxy del programma simulativo. Come tale, esso consente di analizzare in modo esaustivo i comportamenti del sistema biologico oggetto d’indagine senza fare ricorso a un programma simulativo. In definitiva, la BCE persegue anch’essa una semplificazione della triangolazione metodologica che ha caratterizzato le scienze dell’artificiale prima della nascita dell’informatica. Si tratta però di una semplificazione di segno significativamente diverso da quella che Newell e Simon hanno indicato con la tesi P ⊑T.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.