il dibattito sull’emancipazione ha conosciuto un progressivo indebolimento all’indomani dell’affermazione di prospettive che, in chiave post-moderna, hanno riformulato le teorie del potere rispetto alla connotazione dicotomica tradizionale del dominio/subordinazione [Rebughini 2011]. Sul versante della riflessione filosofica alcuni hanno affermato che il tempo del lavoro culturale ed intellettuale sull’emancipazione sembra essersi concluso in favore di quello sulla “libertà” [Laclau 1996, 18]. Per altri il depotenziamento della categoria in questione è da ricondurre ad una “critica serrata e precisa alle ideologie [che] è stata sovente tradotta in una vaga retorica sull’incertezza, sulla diversità, sull’indeterminatezza, sull’impossibilità di uno sforzo teso a distinguere il meglio dal peggio” [Santambrogio 2012, 373-374]. In questo contributo si intende riprendere il dibattito sull’emancipazione partendo dalla sua concettualizzazione forse più semplice, ovvero quella che prevede che ad un ordine costituito, istituzionalizzato e dunque socialmente legittimo, gli attori possano opporre condotte alternative giustificate sulla base di valori emergenti e pratiche condivise. In termini più generali si può pensare all’emancipazione come ad un possibile esito di quella tensione che lega il piano delle istituzioni, delle regole formalmente condivise, con quello dell’agency, dell’esperienza pratica sia individuale che collettiva.
Per una sociologia dell’emancipazione ordinaria. Una proposta a partire da Luc Boltanski e Axel Honneth / Minervini, Dario; Scotti, Ivano. - In: QUADERNI DI TEORIA SOCIALE. - ISSN 1824-4750. - 2(2019), pp. 177-200.
Per una sociologia dell’emancipazione ordinaria. Una proposta a partire da Luc Boltanski e Axel Honneth
Dario Minervini;Ivano Scotti
2019
Abstract
il dibattito sull’emancipazione ha conosciuto un progressivo indebolimento all’indomani dell’affermazione di prospettive che, in chiave post-moderna, hanno riformulato le teorie del potere rispetto alla connotazione dicotomica tradizionale del dominio/subordinazione [Rebughini 2011]. Sul versante della riflessione filosofica alcuni hanno affermato che il tempo del lavoro culturale ed intellettuale sull’emancipazione sembra essersi concluso in favore di quello sulla “libertà” [Laclau 1996, 18]. Per altri il depotenziamento della categoria in questione è da ricondurre ad una “critica serrata e precisa alle ideologie [che] è stata sovente tradotta in una vaga retorica sull’incertezza, sulla diversità, sull’indeterminatezza, sull’impossibilità di uno sforzo teso a distinguere il meglio dal peggio” [Santambrogio 2012, 373-374]. In questo contributo si intende riprendere il dibattito sull’emancipazione partendo dalla sua concettualizzazione forse più semplice, ovvero quella che prevede che ad un ordine costituito, istituzionalizzato e dunque socialmente legittimo, gli attori possano opporre condotte alternative giustificate sulla base di valori emergenti e pratiche condivise. In termini più generali si può pensare all’emancipazione come ad un possibile esito di quella tensione che lega il piano delle istituzioni, delle regole formalmente condivise, con quello dell’agency, dell’esperienza pratica sia individuale che collettiva.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.