Questo contributo ha come principale obiettivo quello di applicare un approccio culturale e sociocomunicativo ad un fenomeno normalmente oggetto di spiegazioni scientifiche di carattere prettamente medico. Le nuove droghe sintetiche, molto differenti dalle droghe allucinatorie di carattere sintetico tipiche delle sperimentazioni personali e collettive dei movimenti culturali del ‘900, propongono delle tipologie di esperienza che paiono sempre meno comprese dalla cultura di massa. Se personaggi come Aldous Huxley, i Beatles, Timothy Leary, Andy Wharol, William Burroughs, Janis Joplin, Kerouac e in generale la corrente della beat generation ha permesso di dare un senso culturale di tipo generazionale alle droghe sintetiche (ed in particola l’LSD), le ricostruzioni delle entelechie generazionali (Mannheim, 1928, 1974) prodotte dall’uso delle nuove tipologie di droghe non permette al giorno d’oggi di disegnare un quadro “creativo” dello stesso ordine. L’ipotesi, da approfondire e condividere in modo critico è la seguente: le costruzioni sociali di senso prodotte dalle esperienze di sballo, fuoriuscita da sé, perdita del controllo, determinate dalle droghe sintetiche, non sono in questa fase storica orientate da una ricerca di senso che vada al di là del pauroso e del nonsense, senza rispettare una finalità o una forma collettiva precisa. Forse, sono più le condivisioni e le ricostruzioni mediali che offrono a tali droghe uno statuto di senso condiviso, ma non assistiamo al risultato di un “account”, di un ritorno discorsivo, prodotto e condiviso dagli attori dell’esperienza vissuta attraverso la droga. Il caso recente della MDPV – metilenediossipirovalerone – rappresenta un contraltare esemplificativo dell’ipotesi formulata e delle sue ricadute sul modo di esperire, pensare, ricostruire socialmente il rapporto con una droga e le sue rappresentazioni.
La droga zombie. Analisi di un fenomeno comunicativo / Bory, Stefano. - In: EXAGERE. - ISSN 2531-7334. - n 3-4 anno V:(2020).
La droga zombie. Analisi di un fenomeno comunicativo
Stefano Bory
2020
Abstract
Questo contributo ha come principale obiettivo quello di applicare un approccio culturale e sociocomunicativo ad un fenomeno normalmente oggetto di spiegazioni scientifiche di carattere prettamente medico. Le nuove droghe sintetiche, molto differenti dalle droghe allucinatorie di carattere sintetico tipiche delle sperimentazioni personali e collettive dei movimenti culturali del ‘900, propongono delle tipologie di esperienza che paiono sempre meno comprese dalla cultura di massa. Se personaggi come Aldous Huxley, i Beatles, Timothy Leary, Andy Wharol, William Burroughs, Janis Joplin, Kerouac e in generale la corrente della beat generation ha permesso di dare un senso culturale di tipo generazionale alle droghe sintetiche (ed in particola l’LSD), le ricostruzioni delle entelechie generazionali (Mannheim, 1928, 1974) prodotte dall’uso delle nuove tipologie di droghe non permette al giorno d’oggi di disegnare un quadro “creativo” dello stesso ordine. L’ipotesi, da approfondire e condividere in modo critico è la seguente: le costruzioni sociali di senso prodotte dalle esperienze di sballo, fuoriuscita da sé, perdita del controllo, determinate dalle droghe sintetiche, non sono in questa fase storica orientate da una ricerca di senso che vada al di là del pauroso e del nonsense, senza rispettare una finalità o una forma collettiva precisa. Forse, sono più le condivisioni e le ricostruzioni mediali che offrono a tali droghe uno statuto di senso condiviso, ma non assistiamo al risultato di un “account”, di un ritorno discorsivo, prodotto e condiviso dagli attori dell’esperienza vissuta attraverso la droga. Il caso recente della MDPV – metilenediossipirovalerone – rappresenta un contraltare esemplificativo dell’ipotesi formulata e delle sue ricadute sul modo di esperire, pensare, ricostruire socialmente il rapporto con una droga e le sue rappresentazioni.File | Dimensione | Formato | |
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