Il contributo analizza l'immaginario atomico così come rielaborato dalla narrativa fantastica dell'arte, degli anime e dei manga giapponesi. Il primo paragrafo è dedicato all'opera pop di Takashi Murakami, in particolare al famosissimo "The Apocalyptic Champ" ed alla sua trilogia del Superflat, dove, nella mostra "Little Boy: The Arts of Japan's Exploding Subculture", chiari sono i rimandi al tema apocalittico, così fortemente presenti nei manga, videogame ed anime tanto amati dagli otaku. Si approfondisce poi la relazione tra il nucleare e il cyberpunk, in rapporto agli scenari di queste narrazioni, sempre ambientate in luogo terminali, metropoli futuriste, buie ed abbandonate. Le antesignane di queste città cyberpunk, spesso identificate in Tokyo e dintorni, sono le desolate lande nebbiose, le "Voiceless town", città deserte e silenzose, in cui hanno ambientato le proprie opere a tema apocalittico, già nella seconda metà del secolo XIX, autori come Burckhardt, Nietzsche, Byron, Shelley, Shiel e Leopardi. Ampia trattazione è poi dato allo sviluppo di un filone narrativo giapponese, obake mono", che raccontava di essere mutanti, la cui trasmutazione esprime tutta la fragilità identitaria. Sono poi analizzate le opere di Otsuka, Ushii, Miyazaki, Takahata, Nishioka ed altri importanti autori, considerati giganti dell'animazione giapponese. Il contributo analizza altresì opere cinematografiche americane come "Blade Runner" e "Terminator" ed importanti racconti per lo sviluppo della narrativa dispotica. Mamoru Oshii, Hayao Miyazaki, Katsuhiro Ôtomo, Tatsuo Yoshida, Isao Takahata, Leiji Matsumoto, Yoshiyuki Tomino, i figli natura della bomba, il cui universo narrativo fu fortemente influenzato dalla propria traiettoria biografica, all'ombra della deflagrazione. Il capitolo si sofferma sugli Otaku, kawaii, shinjinrui, hikikomori ed altre etichette semantiche, particolarmente evocative di un universo tanto complesso e polisemico. Si evidenzia la difficoltà di lettura degli "shinjinrui" una nuova generazione made in Japan, di cui il linguaggio della pubblicità e quello dei videogame, l’iconografia buddista e i fumetti pornografici; Godzilla, il fungo atomico e lo tsunami rappresentano lo “spazio semantico” nel quale agiscono.Il media-mix giapponese, replicherebbe, all’infinito, distintivi graficamente connotati, per una vasta gamma di media e merchandising, serializzando la mostruosità nipponica. Parimenti, però, a partire dal secolo scorso, il pop giapponese invade il mondo, insieme al sushi e a quell’immaginario orientale del Paese dei fiori di ciliegio, così tanto caro ad una parte di élite contestativa sia dell’Europa e sia degli USA, ma non solo. Da questo patrimonio immaginativo attingeranno tutte le sottoculture giovanili, che, attraverso “resistenze simboliche”, daranno vita ad infiniti modelli di comportamento, e sfumature identitarie. i

Le mille anime dell’apocalisse atomica / Calia, Raffaella Monia. - (2019), pp. 160-208.

Le mille anime dell’apocalisse atomica

CALIA, Raffaella Monia
2019

Abstract

Il contributo analizza l'immaginario atomico così come rielaborato dalla narrativa fantastica dell'arte, degli anime e dei manga giapponesi. Il primo paragrafo è dedicato all'opera pop di Takashi Murakami, in particolare al famosissimo "The Apocalyptic Champ" ed alla sua trilogia del Superflat, dove, nella mostra "Little Boy: The Arts of Japan's Exploding Subculture", chiari sono i rimandi al tema apocalittico, così fortemente presenti nei manga, videogame ed anime tanto amati dagli otaku. Si approfondisce poi la relazione tra il nucleare e il cyberpunk, in rapporto agli scenari di queste narrazioni, sempre ambientate in luogo terminali, metropoli futuriste, buie ed abbandonate. Le antesignane di queste città cyberpunk, spesso identificate in Tokyo e dintorni, sono le desolate lande nebbiose, le "Voiceless town", città deserte e silenzose, in cui hanno ambientato le proprie opere a tema apocalittico, già nella seconda metà del secolo XIX, autori come Burckhardt, Nietzsche, Byron, Shelley, Shiel e Leopardi. Ampia trattazione è poi dato allo sviluppo di un filone narrativo giapponese, obake mono", che raccontava di essere mutanti, la cui trasmutazione esprime tutta la fragilità identitaria. Sono poi analizzate le opere di Otsuka, Ushii, Miyazaki, Takahata, Nishioka ed altri importanti autori, considerati giganti dell'animazione giapponese. Il contributo analizza altresì opere cinematografiche americane come "Blade Runner" e "Terminator" ed importanti racconti per lo sviluppo della narrativa dispotica. Mamoru Oshii, Hayao Miyazaki, Katsuhiro Ôtomo, Tatsuo Yoshida, Isao Takahata, Leiji Matsumoto, Yoshiyuki Tomino, i figli natura della bomba, il cui universo narrativo fu fortemente influenzato dalla propria traiettoria biografica, all'ombra della deflagrazione. Il capitolo si sofferma sugli Otaku, kawaii, shinjinrui, hikikomori ed altre etichette semantiche, particolarmente evocative di un universo tanto complesso e polisemico. Si evidenzia la difficoltà di lettura degli "shinjinrui" una nuova generazione made in Japan, di cui il linguaggio della pubblicità e quello dei videogame, l’iconografia buddista e i fumetti pornografici; Godzilla, il fungo atomico e lo tsunami rappresentano lo “spazio semantico” nel quale agiscono.Il media-mix giapponese, replicherebbe, all’infinito, distintivi graficamente connotati, per una vasta gamma di media e merchandising, serializzando la mostruosità nipponica. Parimenti, però, a partire dal secolo scorso, il pop giapponese invade il mondo, insieme al sushi e a quell’immaginario orientale del Paese dei fiori di ciliegio, così tanto caro ad una parte di élite contestativa sia dell’Europa e sia degli USA, ma non solo. Da questo patrimonio immaginativo attingeranno tutte le sottoculture giovanili, che, attraverso “resistenze simboliche”, daranno vita ad infiniti modelli di comportamento, e sfumature identitarie. i
2019
978-88-9391-512-0
Le mille anime dell’apocalisse atomica / Calia, Raffaella Monia. - (2019), pp. 160-208.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/822117
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact