Il lavoro riflette sulla funzione d’indirizzo politico, sui suoi legami con all’attuazione dei fini posti dalla Costituzione, sulla sua dimensione diffusa e sul suo nesso con la tutela dei diritti fondamentali, interrogandosi sulla perdurante attualità della nozione stessa d’indirizzo politico e sui suoi rapporti con l’esercizio del potere legislativo. La ricostruzione delle originarie dommatiche dimostra che l’idea che la funzione d’indirizzo politico consista nella determinazione dei fini generali dello Stato verso cui deve tendere l’intera azione degli organi e dei poteri pubblici non si conforma agli assetti imposti dalla Costituzione rigida. L’indirizzo politico è piuttosto un potere diffuso, distribuito in modo sparso e senza un ordine definito tra i diversi attori che influiscono sul processo decisionale pubblico e sugli organi che di volta in volta ne sono titolari. L’unità dell’indirizzo politico si consegue per lo più attraverso processi d’integrazione di decisioni assunte in sedi differenti, o anche attraverso la mediazione negoziata – anch’essa forma d’integrazione – che presidia i singoli processi. La stessa rappresentazione delle istanze sociali da immettere nelle decisioni pubbliche, pur trovando nei partiti il veicolo più significativo, emerge anche dall’azione di altri attori del sistema politico o sociale che, talvolta anche occasionalmente, partecipano alle negoziazioni necessarie per giungere alla sintesi razionale di una pluralità di visioni. L’indirizzo politico si manifesta, dunque, nelle forme della discrezionalità politica, ossia della decisione politicamente fondata adottata nel perimetro delineato dalla Costituzione. Ogni processo decisionale compiuto in una sede della rappresentanza democratica che sia in grado di fornire svolgimento ai fini e ai valori fissati in Costituzione è manifestazione d’indirizzo politico. Tale impostazione trova conferma nell’analisi di alcuni processi decisionali, tra i quali spiccano quelli che si compiono attraverso il concorso di Parlamento e Governo, nei quali si riflettono le dinamiche del relativo rapporto e dei pesi relativi dei due organi. Proprio con riguardo a tale contesto, anche a fronte del costante e apparentemente inarrestabile spostamento verso il Governo del baricentro della titolarità dell’indirizzo politico, si nota come la eventuale divergenza d’indirizzi delle maggioranze presenti in questi due organi può essere superata solo con la decisione della maggioranza parlamentare, che esprime il massimo grado di rappresentatività democratica e ha i numeri per chiudere il processo decisionale. Si sostiene per questo che la legge, nonostante la sua crisi, resta l’atto deputato a definire e manifestare nel modo più autorevole possibile le scelte d’indirizzo. Si giunge, dunque, a una riconsiderazione delle differenti prospettive che tradizionalmente escludono la legge dal novero degli atti d’indirizzo. Prende, inoltre, consistenza un’altra idea: il possibile rapporto di genus a species tra l’indirizzo politico e la discrezionalità politica. La scelta discrezionale, per definizione, è quella che si compie tra una serie non illimitata di possibilità, quella che copre uno spazio delimitato e circoscritto, di cui è possibile ricostruire il perimetro. L’ambito delle decisioni che gli organi della rappresentanza democratica possono adottare nell’orientare la comunità sociale non è affatto illimitato deve trovare corrispondenza con i fini e con i limiti posti dalla Costituzione. L’indirizzo è ciò che emerge all’esito della decisione discrezionale; in specie, l’indirizzo è il punto di equilibrio, o anche il bilanciamento compiuto tra interessi, valori e fini costituzionali, che affiora nel giuridico attraverso una decisione politicamente discrezionale. La discrezionalità è l’area contenuta nel perimetro costituzionale. Se è così, vuol dire anche che l’indirizzo è il punto di quest’area nel quale si colloca la decisione ed è suscettibile di continue revisioni e ripensamenti. L’analisi affronta criticamente anche la tradizionale esclusione delle Regioni dalla titolarità di funzioni d’indirizzo politico. Se l’esercizio della funzione legislativa rappresenta una delle forme più attuali di manifestazione di questa funzione, occorre chiedersi se l’uso della potestà legislativa da parte delle Regioni possa essere considerata una sua manifestazione e, dunque, se anche gli Enti territoriali siano dotati di poteri di indirizzo politico. L’analisi della giurisprudenza costituzionale fornisce argomenti per sostenere che la legge regionale è atto di determinazione dell’indirizzo politico della comunità territoriale. L’autonomia legislativa delle Regioni è senz’altro strumento per l’affermazione di un autonomo indirizzo politico che ben può esplicarsi anche in direzioni diverse da quelle verso cui si orienta l’indirizzo politico dello Stato. L’indirizzo politico regionale è tuttavia cosa diversa da quello statale, poiché esso riguarda la sola comunità territoriale e non può assolvere alla funzione di definire l’unità politica dello Stato cui è asservita la nozione d’indirizzo politico statale.

Mitologie (e realtà) dell'indirizzo politico / DE MARIA, Bruno. - Tomo I:(2022), pp. 250-269.

Mitologie (e realtà) dell'indirizzo politico

Bruno De Maria
2022

Abstract

Il lavoro riflette sulla funzione d’indirizzo politico, sui suoi legami con all’attuazione dei fini posti dalla Costituzione, sulla sua dimensione diffusa e sul suo nesso con la tutela dei diritti fondamentali, interrogandosi sulla perdurante attualità della nozione stessa d’indirizzo politico e sui suoi rapporti con l’esercizio del potere legislativo. La ricostruzione delle originarie dommatiche dimostra che l’idea che la funzione d’indirizzo politico consista nella determinazione dei fini generali dello Stato verso cui deve tendere l’intera azione degli organi e dei poteri pubblici non si conforma agli assetti imposti dalla Costituzione rigida. L’indirizzo politico è piuttosto un potere diffuso, distribuito in modo sparso e senza un ordine definito tra i diversi attori che influiscono sul processo decisionale pubblico e sugli organi che di volta in volta ne sono titolari. L’unità dell’indirizzo politico si consegue per lo più attraverso processi d’integrazione di decisioni assunte in sedi differenti, o anche attraverso la mediazione negoziata – anch’essa forma d’integrazione – che presidia i singoli processi. La stessa rappresentazione delle istanze sociali da immettere nelle decisioni pubbliche, pur trovando nei partiti il veicolo più significativo, emerge anche dall’azione di altri attori del sistema politico o sociale che, talvolta anche occasionalmente, partecipano alle negoziazioni necessarie per giungere alla sintesi razionale di una pluralità di visioni. L’indirizzo politico si manifesta, dunque, nelle forme della discrezionalità politica, ossia della decisione politicamente fondata adottata nel perimetro delineato dalla Costituzione. Ogni processo decisionale compiuto in una sede della rappresentanza democratica che sia in grado di fornire svolgimento ai fini e ai valori fissati in Costituzione è manifestazione d’indirizzo politico. Tale impostazione trova conferma nell’analisi di alcuni processi decisionali, tra i quali spiccano quelli che si compiono attraverso il concorso di Parlamento e Governo, nei quali si riflettono le dinamiche del relativo rapporto e dei pesi relativi dei due organi. Proprio con riguardo a tale contesto, anche a fronte del costante e apparentemente inarrestabile spostamento verso il Governo del baricentro della titolarità dell’indirizzo politico, si nota come la eventuale divergenza d’indirizzi delle maggioranze presenti in questi due organi può essere superata solo con la decisione della maggioranza parlamentare, che esprime il massimo grado di rappresentatività democratica e ha i numeri per chiudere il processo decisionale. Si sostiene per questo che la legge, nonostante la sua crisi, resta l’atto deputato a definire e manifestare nel modo più autorevole possibile le scelte d’indirizzo. Si giunge, dunque, a una riconsiderazione delle differenti prospettive che tradizionalmente escludono la legge dal novero degli atti d’indirizzo. Prende, inoltre, consistenza un’altra idea: il possibile rapporto di genus a species tra l’indirizzo politico e la discrezionalità politica. La scelta discrezionale, per definizione, è quella che si compie tra una serie non illimitata di possibilità, quella che copre uno spazio delimitato e circoscritto, di cui è possibile ricostruire il perimetro. L’ambito delle decisioni che gli organi della rappresentanza democratica possono adottare nell’orientare la comunità sociale non è affatto illimitato deve trovare corrispondenza con i fini e con i limiti posti dalla Costituzione. L’indirizzo è ciò che emerge all’esito della decisione discrezionale; in specie, l’indirizzo è il punto di equilibrio, o anche il bilanciamento compiuto tra interessi, valori e fini costituzionali, che affiora nel giuridico attraverso una decisione politicamente discrezionale. La discrezionalità è l’area contenuta nel perimetro costituzionale. Se è così, vuol dire anche che l’indirizzo è il punto di quest’area nel quale si colloca la decisione ed è suscettibile di continue revisioni e ripensamenti. L’analisi affronta criticamente anche la tradizionale esclusione delle Regioni dalla titolarità di funzioni d’indirizzo politico. Se l’esercizio della funzione legislativa rappresenta una delle forme più attuali di manifestazione di questa funzione, occorre chiedersi se l’uso della potestà legislativa da parte delle Regioni possa essere considerata una sua manifestazione e, dunque, se anche gli Enti territoriali siano dotati di poteri di indirizzo politico. L’analisi della giurisprudenza costituzionale fornisce argomenti per sostenere che la legge regionale è atto di determinazione dell’indirizzo politico della comunità territoriale. L’autonomia legislativa delle Regioni è senz’altro strumento per l’affermazione di un autonomo indirizzo politico che ben può esplicarsi anche in direzioni diverse da quelle verso cui si orienta l’indirizzo politico dello Stato. L’indirizzo politico regionale è tuttavia cosa diversa da quello statale, poiché esso riguarda la sola comunità territoriale e non può assolvere alla funzione di definire l’unità politica dello Stato cui è asservita la nozione d’indirizzo politico statale.
2022
9788849548464
Mitologie (e realtà) dell'indirizzo politico / DE MARIA, Bruno. - Tomo I:(2022), pp. 250-269.
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
S45C-922100413520.pdf

accesso aperto

Tipologia: Versione Editoriale (PDF)
Licenza: Copyright dell'editore
Dimensione 1.53 MB
Formato Adobe PDF
1.53 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11588/895695
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact