Definita da Gramsci «onesta gallina della letteratura italiana», tacciata da Eco di «filantropismo filisteo», Carolina Invernizio sembra condannata all’immagine della retrograda divulgatrice di una morale conservatrice e bigotta, affidata a più di centoventi romanzi colmi di delitti, tradimenti, veleni, donne fatali: ci sono tutti gli ingredienti del più vieto appendicismo post-«socialista». E tuttavia, se ci si sofferma su qualcuno dei suoi romanzi, e in particolare su quelli pubblicati dopo la soglia del Novecento, si affaccia il dubbio che l’ideologia borghese che anima le pagine inverniziane sia l’alibi che consente alla prolifica scrittrice di contrabbandare le sue storie nelle appendici dei giornali fatti da uomini e pubblicati da uomini. Rivolgendosi ad un pubblico vastissimo e socialmente variegato, consapevole di parlare alle donne ma di finire anche nelle mani dei loro mariti, Invernizio modella una nuova figura femminile: dotata di una discreta cultura, in grado di mantenersi col proprio lavoro (di cantante quanto di commessa), di prendere decisioni sul proprio futuro rinunciando alla protezione paterna o maritale, addirittura di allevare orgogliosamente figli illegittimi. Sarebbe ovviamente un azzardo e un anacronismo cercare tracce di una provocazione femminista ante litteram in Invernizio, che sembra invece, come molte sue protagoniste, agire in incognito: il richiamo ai valori tradizionali, la fedeltà alla «semiotica del decoro» (Eco), sempre presenti anche nei più tardi romanzi inverniziani, convivono con la proposta implicita di nuovi modelli comportamentali, e con piccoli e meno piccoli colpi assestati all’ordine familiare e sociale vigente.

«Per ora basto a me stessa». La modernità di contrabbando di Carolina Invernizio / DI MARTINO, Virginia. - In: CRITICA LETTERARIA. - ISSN 0390-0142. - (In corso di stampa).

«Per ora basto a me stessa». La modernità di contrabbando di Carolina Invernizio

Virginia di Martino
In corso di stampa

Abstract

Definita da Gramsci «onesta gallina della letteratura italiana», tacciata da Eco di «filantropismo filisteo», Carolina Invernizio sembra condannata all’immagine della retrograda divulgatrice di una morale conservatrice e bigotta, affidata a più di centoventi romanzi colmi di delitti, tradimenti, veleni, donne fatali: ci sono tutti gli ingredienti del più vieto appendicismo post-«socialista». E tuttavia, se ci si sofferma su qualcuno dei suoi romanzi, e in particolare su quelli pubblicati dopo la soglia del Novecento, si affaccia il dubbio che l’ideologia borghese che anima le pagine inverniziane sia l’alibi che consente alla prolifica scrittrice di contrabbandare le sue storie nelle appendici dei giornali fatti da uomini e pubblicati da uomini. Rivolgendosi ad un pubblico vastissimo e socialmente variegato, consapevole di parlare alle donne ma di finire anche nelle mani dei loro mariti, Invernizio modella una nuova figura femminile: dotata di una discreta cultura, in grado di mantenersi col proprio lavoro (di cantante quanto di commessa), di prendere decisioni sul proprio futuro rinunciando alla protezione paterna o maritale, addirittura di allevare orgogliosamente figli illegittimi. Sarebbe ovviamente un azzardo e un anacronismo cercare tracce di una provocazione femminista ante litteram in Invernizio, che sembra invece, come molte sue protagoniste, agire in incognito: il richiamo ai valori tradizionali, la fedeltà alla «semiotica del decoro» (Eco), sempre presenti anche nei più tardi romanzi inverniziani, convivono con la proposta implicita di nuovi modelli comportamentali, e con piccoli e meno piccoli colpi assestati all’ordine familiare e sociale vigente.
In corso di stampa
«Per ora basto a me stessa». La modernità di contrabbando di Carolina Invernizio / DI MARTINO, Virginia. - In: CRITICA LETTERARIA. - ISSN 0390-0142. - (In corso di stampa).
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