Scopo della presente indagine è di individuare la forma attraverso cui si manifestava l’atto di rinuncia e soprattutto la formula dell’azione che costituiva il presupposto per l’in iure cessio rinunciativa delle servitú, cercando tra l’altro di dimostrare che la remissio operava a prescindere dall’esperimento di un’azione tipica, confessoria o negatoria. Può ipotizzarsi che sul piano pratico, non solo per i giuristi classici, ma anche per i bizantini, la distinzione tra actio confessoria e negatoria non fosse cosí netta, e dunque la necessità di individuare l’azione specifica attraverso cui si realizzava la in iure cessio rinunciativa non appare necessaria. Si può credere che l’intentio ‘sibi ius esse aedes suas altius tollere invito Numerio Negidio’ potesse valere sia per l’actio negatoria, che per l’actio confessoria. Concludendo, dall’analisi di tre passi di Pomponio, tratti dal libro 33 ad Sabinum (D. 8.2.20; 8.3.20 pr.; 8.2.27.1), può affermarsi che la remissio servitutis si sarebbe realizzata attraverso un meccanismo complesso nel quale l’effetto rinunciativo si conseguiva non già, come autorevolmente sostenuto da gran parte della storiografia, mediante in iure cessio modellata sull’actio negatoria, ma con in iure cessio formulata con actio in rem (confessoria o negatoria non importa) con intentio negativa per le servitú positive e intentio affermativa per le servitú negative.
Sulla remissio servitutis / Tuccillo, Fabiana. - In: INDEX. QUADERNI CAMERTI DI STUDI ROMANISTICI. - ISSN 0392-2391. - 39(2011), pp. 465-479.
Sulla remissio servitutis
TUCCILLO, FABIANA
2011
Abstract
Scopo della presente indagine è di individuare la forma attraverso cui si manifestava l’atto di rinuncia e soprattutto la formula dell’azione che costituiva il presupposto per l’in iure cessio rinunciativa delle servitú, cercando tra l’altro di dimostrare che la remissio operava a prescindere dall’esperimento di un’azione tipica, confessoria o negatoria. Può ipotizzarsi che sul piano pratico, non solo per i giuristi classici, ma anche per i bizantini, la distinzione tra actio confessoria e negatoria non fosse cosí netta, e dunque la necessità di individuare l’azione specifica attraverso cui si realizzava la in iure cessio rinunciativa non appare necessaria. Si può credere che l’intentio ‘sibi ius esse aedes suas altius tollere invito Numerio Negidio’ potesse valere sia per l’actio negatoria, che per l’actio confessoria. Concludendo, dall’analisi di tre passi di Pomponio, tratti dal libro 33 ad Sabinum (D. 8.2.20; 8.3.20 pr.; 8.2.27.1), può affermarsi che la remissio servitutis si sarebbe realizzata attraverso un meccanismo complesso nel quale l’effetto rinunciativo si conseguiva non già, come autorevolmente sostenuto da gran parte della storiografia, mediante in iure cessio modellata sull’actio negatoria, ma con in iure cessio formulata con actio in rem (confessoria o negatoria non importa) con intentio negativa per le servitú positive e intentio affermativa per le servitú negative.File | Dimensione | Formato | |
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