A partire dal tetto-giardino , uno dei cinque punti del manifesto architettonico modernista , l’integrazione tra interno ed esterno ha trovato nello spazio di copertura il luogo privilegiato di una possibile mediazione. Per la sua complessità questa missione si avvolge, sin dagli esordi, di un alone utopistico alimentato da episodi in cui l’integrazione tra architettura e natura viene sviluppata nei modi più immaginifici e sorprendenti. Una chiara esemplificazione di questo atteggiamento è data proprio da uno dei primi appartamenti giardino di Le Corbusier, l’attico di Charles de Beistegui, realizzato tra il 1929 ed il 1931 sugli Champs Elysées a Parigi. Lo stesso Le Corbusier, in una lettera al suo committente del luglio del 1929, dichiara il suo forte interesse per il progetto proposto, proprio in quanto può rappresentare quella soluzione, da lui ricercata da 15 anni, al tema più generale dei “Tetti di Parigi”. Partendo da questo primo, nobile, esperimento oggi molti sono i tentativi di risolvere il rapporto tra natura e costruzione in maniera sempre più integrata, in modo da ottenere un’unica concrezione in cui, di fatto, i due iniziali opposti del naturale e dell’artificiale non sono più distinguibili tra loro, convergendo verso un nuovo organismo unitario. E’ ciò che si ritrova in particolare nei roof gardens, fenomeno che riguarda tutte le possibili dimensioni architettoniche, dai grossi edifici pubblici in cui il tetto verde riesce ad assicurare coibentazione termica e nuovi spazi sociali, agli insediamenti residenziali condominiali in cui lo spazio del terrazzo assume una nuova vivibilità in relazione alle diverse piantumazioni che vi si possono insediare, sino alle piccole abitazioni monofamiliari in cui il tetto giardino può assumere connotati specifici come quelli di un piccolo orto.
L’outdoor in copertura: dal tetto-giardino ai roof garden / Outdoor life on roof gardens / Morone, Alfonso. - In: AREA. - ISSN 0394-0055. - n.°129 anno XXIV 2013 luglio/agosto(2013), pp. II-V.
L’outdoor in copertura: dal tetto-giardino ai roof garden / Outdoor life on roof gardens
MORONE, ALFONSO
2013
Abstract
A partire dal tetto-giardino , uno dei cinque punti del manifesto architettonico modernista , l’integrazione tra interno ed esterno ha trovato nello spazio di copertura il luogo privilegiato di una possibile mediazione. Per la sua complessità questa missione si avvolge, sin dagli esordi, di un alone utopistico alimentato da episodi in cui l’integrazione tra architettura e natura viene sviluppata nei modi più immaginifici e sorprendenti. Una chiara esemplificazione di questo atteggiamento è data proprio da uno dei primi appartamenti giardino di Le Corbusier, l’attico di Charles de Beistegui, realizzato tra il 1929 ed il 1931 sugli Champs Elysées a Parigi. Lo stesso Le Corbusier, in una lettera al suo committente del luglio del 1929, dichiara il suo forte interesse per il progetto proposto, proprio in quanto può rappresentare quella soluzione, da lui ricercata da 15 anni, al tema più generale dei “Tetti di Parigi”. Partendo da questo primo, nobile, esperimento oggi molti sono i tentativi di risolvere il rapporto tra natura e costruzione in maniera sempre più integrata, in modo da ottenere un’unica concrezione in cui, di fatto, i due iniziali opposti del naturale e dell’artificiale non sono più distinguibili tra loro, convergendo verso un nuovo organismo unitario. E’ ciò che si ritrova in particolare nei roof gardens, fenomeno che riguarda tutte le possibili dimensioni architettoniche, dai grossi edifici pubblici in cui il tetto verde riesce ad assicurare coibentazione termica e nuovi spazi sociali, agli insediamenti residenziali condominiali in cui lo spazio del terrazzo assume una nuova vivibilità in relazione alle diverse piantumazioni che vi si possono insediare, sino alle piccole abitazioni monofamiliari in cui il tetto giardino può assumere connotati specifici come quelli di un piccolo orto.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.