L'indagine parte dalla disamina di una recente sentenza della Suprema Corte che per la prima volta ha dichiarato espressamente l'ammissibilità del fallimento del consorzio qualificato come centro autonomo esercente "funzioni imprenditoriali esterne", così offrendosi l'occasione per un raffronto comparativo delle organizzazioni dirette al rafforzamento delle imprese partecipanti al gruppo (consorzi, società consortili e reti di imprese), rispetto alla prospettiva economica e giuridica dell'insolvenza. Il fallimento del consorzio viene a rappresentare la condizione per l'operatività di una serie di conseguenze, sia per i consorziati che per l'organo di amministrazione del consorzio, che rispondono all'applicazione dei diversi effetti previsti dagli art. 146 e 147 l.f.. Una volta riconosciuta la soggettività giuridica del consorzio e l'attitudine a svolgere un'impresa collettiva di stampo ausiliario, ne deriva come naturale conseguenza che da un lato il consorzio è sottoponibile a fallimento e che in caso di illecito gestorio la legittimazione all'esercizio delle azioni di responsabilità è attribuita alla curatela fallimentare che da un lato subentra alle azioni originariamente spettanti al fallito (ex art. 43 l.f.) dall'altro svolge una funzione ufficiosa che trova il suo fondamento generale nella tutela delle ragioni creditorie. Quanto all'art. 147 l.f., si ribadisce la negazione di una portata eccezionale della disposizione e dunque la generale applicabilità ad ogni impresa collettiva con associati a responsabilità illimitata. In tal modo si giustifica la ratio della estensione del fallimento ai consorziati illimitatamente e solidalmente responsabili ex art. 2615 II co.c.c. laddove in fondo l'insolvenza del gruppo subiettivizzato qui (ed a fortiori rispetto alla società) è generata proprio dalla inadempienza del singolo consorziato alle prestazioni assegnate. Cosicchè assumendosi il consorzio il rischio di impresa anche per lo svolgimento di atti rispondenti all'interesse particolare del singolo, resta pienamente giustificata la ratio di una estensione analogica dell'art. 147 l.f. al fallimento del consorzio. Nelle società consortili viene in fondo a trovare applicazione la disciplina rispondente al tipo sociale prescelto, in ragione del quale trovano applicazione gli art. 146 e 147 l.f.: in particolare, si evidenzia con riferimento alla s.r.l. la possibilità (per certi versi agevolata dalle peculiarità dell'esercizio della funzione consortile) di una estensione della responsabilità per danno da illecito gestorio ai soci che abbiano intenzionalmente deciso ovvero autorizzato atti gestori in danno della società (ex art. 2476 VII co.c.c.); nonchè l'operatività dell'art. 150 l.f. con riferimento ai contributi ancora da versare. Quanto alla rete di imprese, l'argomento viene differenziato a seconda che si tratti di rete contratto ovvero di una rete soggetto. Con riferimento a quest'ultima evidentemente, si può sussistendone gli elementi procedere alla dichiarazione di fallimento, così estendendosi le argomentazioni svolte con riferimento al consorzio in favore dell'applicazione degli art. 146 e 147 l.f. (quest'ultima disposizione presupponendo ovviamente che la rete soggetto abbia proceduto ad operare in modo identico ad un consorzio, e cioè attuando la sostituzione gestoria in nome proprio e per conto del singolo imprenditore aggregato). Viceversa, per la rete contratto, in assenza della soggettività giuridica non sembra si possa procedere al fallimento, per cui si evidenzia con profili problematici la necessità di un approfondimento della questione delle conseguenze della insolvenza del fondo di rete. Fatto sta che dalla scelta negoziale della fattispecie e dunque dalla determinazione a monte (nell'osservanza delle forme e della pubblicità, prescritte dalla legge) viene a dipendere l'applicazione della disciplina: in effetti, la regolazione dell'insolvenza (rispetto ad una funzione in fondo simile, in quanto comunque rivolta al rafforzamento delle imprese partecipanti al gruppo) non sembra poter ricevere una soluzione univoca bensì viene ad abbattersi con effetti differenziati in ragione del criterio di imputazione dell'attività secondo la spendita del nome degli imprenditori del gruppo (individualmente o collettivamente considerati) ovvero della persona giuridica: soltanto in quest'ultimo caso la proiezione unitaria sul mercato del gruppo associativo determina il presupposto per la dichiarazione di fallimento, per cui si può sostenere l'applicazione delle disposizioni di cui agli art. 146 e 147 l.f.
L'insolvenza delle organizzazioni costituite per il rafforzamento delle imprese partecipanti al gruppo / Doria, Giuseppe. - In: RIVISTA DI DIRITTO DELL'IMPRESA. - ISSN 1593-9502. - n.1 del 2014(2014), pp. 51-74.
L'insolvenza delle organizzazioni costituite per il rafforzamento delle imprese partecipanti al gruppo
DORIA, GIUSEPPE
2014
Abstract
L'indagine parte dalla disamina di una recente sentenza della Suprema Corte che per la prima volta ha dichiarato espressamente l'ammissibilità del fallimento del consorzio qualificato come centro autonomo esercente "funzioni imprenditoriali esterne", così offrendosi l'occasione per un raffronto comparativo delle organizzazioni dirette al rafforzamento delle imprese partecipanti al gruppo (consorzi, società consortili e reti di imprese), rispetto alla prospettiva economica e giuridica dell'insolvenza. Il fallimento del consorzio viene a rappresentare la condizione per l'operatività di una serie di conseguenze, sia per i consorziati che per l'organo di amministrazione del consorzio, che rispondono all'applicazione dei diversi effetti previsti dagli art. 146 e 147 l.f.. Una volta riconosciuta la soggettività giuridica del consorzio e l'attitudine a svolgere un'impresa collettiva di stampo ausiliario, ne deriva come naturale conseguenza che da un lato il consorzio è sottoponibile a fallimento e che in caso di illecito gestorio la legittimazione all'esercizio delle azioni di responsabilità è attribuita alla curatela fallimentare che da un lato subentra alle azioni originariamente spettanti al fallito (ex art. 43 l.f.) dall'altro svolge una funzione ufficiosa che trova il suo fondamento generale nella tutela delle ragioni creditorie. Quanto all'art. 147 l.f., si ribadisce la negazione di una portata eccezionale della disposizione e dunque la generale applicabilità ad ogni impresa collettiva con associati a responsabilità illimitata. In tal modo si giustifica la ratio della estensione del fallimento ai consorziati illimitatamente e solidalmente responsabili ex art. 2615 II co.c.c. laddove in fondo l'insolvenza del gruppo subiettivizzato qui (ed a fortiori rispetto alla società) è generata proprio dalla inadempienza del singolo consorziato alle prestazioni assegnate. Cosicchè assumendosi il consorzio il rischio di impresa anche per lo svolgimento di atti rispondenti all'interesse particolare del singolo, resta pienamente giustificata la ratio di una estensione analogica dell'art. 147 l.f. al fallimento del consorzio. Nelle società consortili viene in fondo a trovare applicazione la disciplina rispondente al tipo sociale prescelto, in ragione del quale trovano applicazione gli art. 146 e 147 l.f.: in particolare, si evidenzia con riferimento alla s.r.l. la possibilità (per certi versi agevolata dalle peculiarità dell'esercizio della funzione consortile) di una estensione della responsabilità per danno da illecito gestorio ai soci che abbiano intenzionalmente deciso ovvero autorizzato atti gestori in danno della società (ex art. 2476 VII co.c.c.); nonchè l'operatività dell'art. 150 l.f. con riferimento ai contributi ancora da versare. Quanto alla rete di imprese, l'argomento viene differenziato a seconda che si tratti di rete contratto ovvero di una rete soggetto. Con riferimento a quest'ultima evidentemente, si può sussistendone gli elementi procedere alla dichiarazione di fallimento, così estendendosi le argomentazioni svolte con riferimento al consorzio in favore dell'applicazione degli art. 146 e 147 l.f. (quest'ultima disposizione presupponendo ovviamente che la rete soggetto abbia proceduto ad operare in modo identico ad un consorzio, e cioè attuando la sostituzione gestoria in nome proprio e per conto del singolo imprenditore aggregato). Viceversa, per la rete contratto, in assenza della soggettività giuridica non sembra si possa procedere al fallimento, per cui si evidenzia con profili problematici la necessità di un approfondimento della questione delle conseguenze della insolvenza del fondo di rete. Fatto sta che dalla scelta negoziale della fattispecie e dunque dalla determinazione a monte (nell'osservanza delle forme e della pubblicità, prescritte dalla legge) viene a dipendere l'applicazione della disciplina: in effetti, la regolazione dell'insolvenza (rispetto ad una funzione in fondo simile, in quanto comunque rivolta al rafforzamento delle imprese partecipanti al gruppo) non sembra poter ricevere una soluzione univoca bensì viene ad abbattersi con effetti differenziati in ragione del criterio di imputazione dell'attività secondo la spendita del nome degli imprenditori del gruppo (individualmente o collettivamente considerati) ovvero della persona giuridica: soltanto in quest'ultimo caso la proiezione unitaria sul mercato del gruppo associativo determina il presupposto per la dichiarazione di fallimento, per cui si può sostenere l'applicazione delle disposizioni di cui agli art. 146 e 147 l.f.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.