Il saggio valuta lo “stato di salute” dello Statuto dei lavoratori – in occasione del suo cinquantesimo anniversario –, ponendo particolare attenzione alle perplessità sollevate dalla dottrina sulla effettiva tenuta della disciplina relativa alla mobilità professionale del prestatore di lavoro, ritenendola in uno stato “di inarrestabile obsolescenza, con la conseguenza che l’interprete è costretto ad operazioni “ortopediche” del dato normativo”. Per quanto severe (benchè ragionevoli) fossero state queste critiche, per quanto insistenti fossero le richieste di un cambiamento (anche radicale) della disciplina dello ius variandi, in pochi si sarebbero aspettati un intervento così massiccio da parte del legislatore, come poi si è di fatto verificato nel 2015 con l’avvento del Jobs Act; il quale, non solo, ha cancellato dalla vecchia normativa il concetto dell’equivalenza, che aveva rappresentato (nel bene e nel male), a partire dagli anni ’70, l’ago della bilancia di ogni legittimo mutamento di mansioni, ma si è spinto anche fino a rendere lecito ciò che per decenni era stato considerato un divieto inviolabile della nostra disciplina: il demansionamento. Da questa palingenesi sembra, però, rinascere, con rinnovato vigore, la contrattazione collettiva, a cui la nuova normativa ha attribuito un ruolo (almeno apparentemente) di grande rilievo.
Demansionamento, contrattazione collettiva e ruolo del giudice cinquant’anni dopo / Avondola, Arianna. - In: DIRITTI LAVORI MERCATI. - ISSN 1722-7666. - unico:(2020), pp. 403-412.
Demansionamento, contrattazione collettiva e ruolo del giudice cinquant’anni dopo
avondola
2020
Abstract
Il saggio valuta lo “stato di salute” dello Statuto dei lavoratori – in occasione del suo cinquantesimo anniversario –, ponendo particolare attenzione alle perplessità sollevate dalla dottrina sulla effettiva tenuta della disciplina relativa alla mobilità professionale del prestatore di lavoro, ritenendola in uno stato “di inarrestabile obsolescenza, con la conseguenza che l’interprete è costretto ad operazioni “ortopediche” del dato normativo”. Per quanto severe (benchè ragionevoli) fossero state queste critiche, per quanto insistenti fossero le richieste di un cambiamento (anche radicale) della disciplina dello ius variandi, in pochi si sarebbero aspettati un intervento così massiccio da parte del legislatore, come poi si è di fatto verificato nel 2015 con l’avvento del Jobs Act; il quale, non solo, ha cancellato dalla vecchia normativa il concetto dell’equivalenza, che aveva rappresentato (nel bene e nel male), a partire dagli anni ’70, l’ago della bilancia di ogni legittimo mutamento di mansioni, ma si è spinto anche fino a rendere lecito ciò che per decenni era stato considerato un divieto inviolabile della nostra disciplina: il demansionamento. Da questa palingenesi sembra, però, rinascere, con rinnovato vigore, la contrattazione collettiva, a cui la nuova normativa ha attribuito un ruolo (almeno apparentemente) di grande rilievo.File | Dimensione | Formato | |
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