L’operazione American Framing potrebbe essere vista come una lezione di architettura. Una lezione che, come tutte le buone lezioni, non ha la pretesa di dettare regole esatte ma prova a indicare una possibile strada da percorrere. Nel raccontare semplicemente delle case degli americani, questo evento non si pone direttamente come un modello, non sostiene che bisogna costruire con il balloon frame tutte le case del mondo e non vuole, tantomeno, esaltare la potenza tecnologica del colosso americano. Ci racconta un punto di vista, per noi nuovo e diverso, in cui un manufatto con una chiusura “imperfetta” costruita con un metodo che fa dell’approssimazione un obiettivo può generare “benessere”. Ci suggerisce che bisogna ridurre la distanza che abbiamo creato tra le case e i loro abitanti: gli utenti devono tornare protagonisti delle scelte e, dal loro canto costruttori e progettisti devono favorire questo processo di ri-appropriazione. Bisogna ridurre la complessità per rendere i procedimenti più accessibili, bisogna tenere sotto controllo la corsa all’eccellenza della prestazione perché nell’edilizia diffusa è spesso inutile e, avendo la benedizione del nostro clima, il benessere dell’”abitante”, e non dell’”utente”, è spesso raggiungibile anche con prestazioni “imperfette”.
Esattezza vs Approssimazione. Il padiglione USA alla Biennale di Venezia 2021 / Pone, Sergio. - In: RASSEGNA DI ARCHITETTURA E URBANISTICA. - ISSN 0392-8608. - n. 164:(2021), pp. 97-102.
Esattezza vs Approssimazione. Il padiglione USA alla Biennale di Venezia 2021
Sergio Pone
2021
Abstract
L’operazione American Framing potrebbe essere vista come una lezione di architettura. Una lezione che, come tutte le buone lezioni, non ha la pretesa di dettare regole esatte ma prova a indicare una possibile strada da percorrere. Nel raccontare semplicemente delle case degli americani, questo evento non si pone direttamente come un modello, non sostiene che bisogna costruire con il balloon frame tutte le case del mondo e non vuole, tantomeno, esaltare la potenza tecnologica del colosso americano. Ci racconta un punto di vista, per noi nuovo e diverso, in cui un manufatto con una chiusura “imperfetta” costruita con un metodo che fa dell’approssimazione un obiettivo può generare “benessere”. Ci suggerisce che bisogna ridurre la distanza che abbiamo creato tra le case e i loro abitanti: gli utenti devono tornare protagonisti delle scelte e, dal loro canto costruttori e progettisti devono favorire questo processo di ri-appropriazione. Bisogna ridurre la complessità per rendere i procedimenti più accessibili, bisogna tenere sotto controllo la corsa all’eccellenza della prestazione perché nell’edilizia diffusa è spesso inutile e, avendo la benedizione del nostro clima, il benessere dell’”abitante”, e non dell’”utente”, è spesso raggiungibile anche con prestazioni “imperfette”.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
10 Rassegna 164_97-102.pdf
solo utenti autorizzati
Tipologia:
Versione Editoriale (PDF)
Licenza:
Copyright dell'editore
Dimensione
274.61 kB
Formato
Adobe PDF
|
274.61 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.