Il tema generale entro cui l'articolo si colloca, è la discussione del rapporto tra politica e natura umana. Poiché soggetto e oggetto della storia sono gli individui che producono in società le condizioni della loro esistenza, vi è sempre un'unità tra uomo e natura, e la contrapposizione tra questi due aspetti della realtà, sempre in evoluzione, appare tale sono entro le forme antagonistiche della storia di questa produzione sociale degli individui. Decisivo in questo passaggio evolutivo è la divisione del lavoro, ossia un rapporto sociale che si forma in fasi storiche determinate e che a un determinato grado di sviluppo della forza produttiva umana può essere soppresso. Momento centrale della fase della divisione del lavoro è la formazione degli antagonismi di classe su cui poggia l'esistenza di ogni potere politico. Questi temi, di evidente derivazione marx-engelsiana, sono trattati attraverso un confronto con le posizioni che erano maturate nella tradizione del materialismo moderno (Hobbes, Locke, sensismo). Su questa base si affronta il problema dello Stato e della politica, considerati di proposito senza distinzione di significato, in quanto il potere politico ovvero lo Stato, è una forma di esistenza sociale degli individui determinata storicamente dalle loro reali condizioni di vita. Dunque, non ogni pubblico potere che si ha nella storia ha un carattere politico, ma lo assume in determinate fasi della produzione sociale degli individui, vale a dire quelle fasi antagonistiche contrassegnate dallo scontro tra classi. A un determinato grado di sviluppo della forza produttiva degli uomini - che è esso stesso uno sviluppo della natura in cui l'uomo non è una repubblica a sé - insieme con la divisione del lavoro e l'esistenza delle classi sociali scompare la mistificazione per cui ogni pubblico potere debba avere necessariamente un carattere politico, mentre si dimostra che lo ha avuto solo in epoche storiche determinate. Di qui, una critica pratica alla concetto stesso di "stato di natura" in qualunque accezione esso venga declinato. La prospettiva marxiana qui assunta è messa in contrapposizione con quella di Carl Schmitt, il cui concetto di "politico" è costruito proprio sul nesso tra assiomi antropologici e teoria del potere politico. L'ipotesi che invece si contrappone è quella di una continua trasformazione dell'uomo, ossia dei concreti rapporti sociali degli individui ad opera dell''uomo stesso, e in questa incessante auto-trasformabilità e auto-trasformazione consistono la stessa "storia naturale dell'uomo" e la "storia umana" della natura.
"Il pubblico potere perderà il suo carattere politico". L'affermazione di Engels e Marx alla luce del problema: Politica e natura umana / DI MARCO, GIUSEPPE ANTONIO. - In: FORME DI VITA. - ISSN 1973-3607. - STAMPA. - 4(2005), pp. 65-97.
"Il pubblico potere perderà il suo carattere politico". L'affermazione di Engels e Marx alla luce del problema: Politica e natura umana
DI MARCO, GIUSEPPE ANTONIO
2005
Abstract
Il tema generale entro cui l'articolo si colloca, è la discussione del rapporto tra politica e natura umana. Poiché soggetto e oggetto della storia sono gli individui che producono in società le condizioni della loro esistenza, vi è sempre un'unità tra uomo e natura, e la contrapposizione tra questi due aspetti della realtà, sempre in evoluzione, appare tale sono entro le forme antagonistiche della storia di questa produzione sociale degli individui. Decisivo in questo passaggio evolutivo è la divisione del lavoro, ossia un rapporto sociale che si forma in fasi storiche determinate e che a un determinato grado di sviluppo della forza produttiva umana può essere soppresso. Momento centrale della fase della divisione del lavoro è la formazione degli antagonismi di classe su cui poggia l'esistenza di ogni potere politico. Questi temi, di evidente derivazione marx-engelsiana, sono trattati attraverso un confronto con le posizioni che erano maturate nella tradizione del materialismo moderno (Hobbes, Locke, sensismo). Su questa base si affronta il problema dello Stato e della politica, considerati di proposito senza distinzione di significato, in quanto il potere politico ovvero lo Stato, è una forma di esistenza sociale degli individui determinata storicamente dalle loro reali condizioni di vita. Dunque, non ogni pubblico potere che si ha nella storia ha un carattere politico, ma lo assume in determinate fasi della produzione sociale degli individui, vale a dire quelle fasi antagonistiche contrassegnate dallo scontro tra classi. A un determinato grado di sviluppo della forza produttiva degli uomini - che è esso stesso uno sviluppo della natura in cui l'uomo non è una repubblica a sé - insieme con la divisione del lavoro e l'esistenza delle classi sociali scompare la mistificazione per cui ogni pubblico potere debba avere necessariamente un carattere politico, mentre si dimostra che lo ha avuto solo in epoche storiche determinate. Di qui, una critica pratica alla concetto stesso di "stato di natura" in qualunque accezione esso venga declinato. La prospettiva marxiana qui assunta è messa in contrapposizione con quella di Carl Schmitt, il cui concetto di "politico" è costruito proprio sul nesso tra assiomi antropologici e teoria del potere politico. L'ipotesi che invece si contrappone è quella di una continua trasformazione dell'uomo, ossia dei concreti rapporti sociali degli individui ad opera dell''uomo stesso, e in questa incessante auto-trasformabilità e auto-trasformazione consistono la stessa "storia naturale dell'uomo" e la "storia umana" della natura.File | Dimensione | Formato | |
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